LEVRIERI E CANI PRIMITIVI NEL BACINO DEL MEDITERRANEO

Alberto Bertelli


Abstract

La genetica ha confermato che i Levrieri e i Cani cosiddetti Primitivi rappresentano le prime razze - o i primi gruppi - genotipicamente e fenotipicamente omogenei, che affiancarono l'uomo in un periodo antecedente al 5000 a. C., durante il passaggio dell'umanità dalla condizione di caccia/raccolta a quella di agricoltura/allevamento. L'area geografica in cui si sviluppò, nel corso dei millenni, la simbiosi fra gli uomini e questi due gruppi di razze canine si estende fra Mezzaluna Fertile e la penisola Iberica, comprendendo parte dell'Eurasia e del Nord Africa. Nel presente articolo verranno presentate alcune razze mediterranee, scelte fra le più rappresentative del territorio italiano e iberico, dirette discendenti dai primi Cani Primitivi e dai primi Levrieri.

Gli studi genetici più recenti (Lynch D. & Madeoy J. 2004. vedi riferimenti web) hanno confermato che i Levrieri propriamente detti e il gruppo denominato genericamente "cani primitivi" (e. g. "tipologia Pariah-dog"), ovvero corrispondenti alle sezioni 6 e 7 del 5º gruppo FCI, sono le razze più antiche: i primi veri cani differenziati dal lupo. Deborah Lynch (Canine Studies Institute – Aurora, Ohio) e Jenny Maedoy (Fred Hutchinson Cancer Institute – Seattle, Washington) attraverso il confronto basato sul mtDNA (DNA mitocondriale: ereditato per via matrilineare e caratterizzato da bassissima ricombinazione) hanno identificato dieci famiglie di razze canine e la relativa tipologia dei progenitori, incrociando i risultati ottenuti con dati di origine storica e iconografica per determinare l'ordine cronologico/evolutiva. Questo studio conferma in particolare che i precursori dei levrieri sarebbero comparsi intorno al 5000 a. C., nell'area mesopotamica.
A partire dall'areale della mezzaluna fertile, i levrieri si sarebbero diffusi radialmente in tutta la regione Eurasiatica, al seguito delle ondate migratorie umane o come oggetto di scambi commerciali. Il bacino del Mediterraneo in particolare rappresenta uno dei teatri principali dell'avventura dei levrieri. Prima di addentrarci nel cuore dell'argomento, è utile evidenziare la distinzione fra i Levrieri propriamente detti e i cani "primitivi".
confronto tra english greyhound e ktitikps ichmilatis È utile innanzi tutto confrontare due immagini di un levriero tipico (Greyhound) e un primitivo mediterraneo tipico (Kritikos Ichnilatis o Cretan Hound), già ampiamente descritto nel N° 36 del PADS Journal da Perikles Kosmopoulos ed Evangelos Geniatakis; oltre alle evidenti differenze morfologico/strutturali, i levrieri e i cani primitivi differiscono anche per la tecnica di caccia.

Il Greyhound è considerato il levriero "per antonomasia" e sono ben note le sue formidabili capacità atletiche dovute alla peculiare fisiologia che, peraltro, caratterizza in genere tutti i levrieri: maggiore massa muscolare, 57% della massa totale mentre in media gli altri cani hanno il 44%; cuore più grande: 1,2% del peso corporeo, mentre per le altre razze la proporzione è 0,8%; maggiore massa sanguigna: 11,4% contro la media di 7,2% degli altri cani; arterie più elastiche per sopportare i bruschi aumenti di pressione: sotto sforzo il cuore di un levriero può battere oltre 300 volte al minuto; anche riguardo agli altri valori ematici, i levrieri differiscono dalla media delle altre razze. fisiologia razze canine

L'habitat originario dei levrieri era costituito da vaste e basse praterie, aperte e ventose (Przezdziecki, 1984): come tutti i predatori evolutisi in questo tipo di habitat, i levrieri hanno sviluppato principalmente il senso della vista e individuano le prede esplorando il territorio con lo sguardo, attenti ad ogni più lieve movimento, invece di seguire l'usta.
La tecnica di caccia del levriero è conseguente al tipo di ambiente aperto e pianeggiante: esplorazione visiva, individuazione della preda, rapidissimo inseguimento, adattando la traiettoria ai bruschi cambiamenti di direzione della preda stessa.
I Cani Primitivi sono meno veloci nella corsa rispetto ai levrieri, ma compensano con una straordinaria agilità che permette rapidi spostamenti su terreni accidentati e montagnosi, dove un levriero sarebbe nettamente svantaggiato; inoltre presentano vista, udito e olfatto altamente sviluppati e utilizzano contemporaneamente tutti e tre i sensi nell'attività di caccia.

Il Kritikos Ichnilatis è la più antica razza canina pura del bacino del Mediterraneo: poiché riconosciamo, in genere, le medesime peculiarità morfo/funzionali nelle altre razze primitive mediterranee – come vedremo più avanti – è lecito sospettare che questa razza rappresenti l'antenato principale delle medesime. Tuttavia non tutti i cinologi sono d'accordo: taluni sospettano che svariate razze primitive si siano evolute indipendentemente e che le somiglianze morfo/funzionali siano dovute ad un fenomeno di evoluzione convergente avvenuto in aree geografiche diverse caratterizzate da ambiente simile (regioni insulari, clima caldo/secco, territori montagnosi e accidentati); in termini evolutivi, la prima ipotesi supporterebbe un'origine monofiletica, la seconda invece supporterebbe l'origine polifiletica.

In realtà l'ipotesi monofiletica sembra la più plausibile: le tracce archeologiche e artistiche conducono in questa direzione; le più antiche raffigurazioni di cani simili al Kritichos Ichnilatis ascendono al neolitico: come testimoniano le pitture rupestri dell'altopiano del Tassili n'Ajjer, Algeria, risalenti al 7000 a. C.

pitture ruprestri roccia del Tassili n'Ajjer plateau Peraltro nelle medesime pitture rupestri appaiono anche cani da caccia di grande taglia e di forme graioidi, che fanno sospettare una differenza funzionale fra razze da caccia già distinte Tassili n'Ajjer plateau, scene di caccia In sintesi, il Nord Africa rappresenta con ogni probabilità l'areale di origine dei cani primitivi mediterranei, mentre le pianure della mezzaluna fertile rappresentano l'areale di origine dei levrieri. La somiglianza degli antichi cani primitivi del Nord Africa con l'attuale Kritikos Ichnilatis – e con le altre razze primitive del bacino del Mediterraneo – è comprensibile: la più importante e sviluppata civiltà Nordafricana fu l'antica civiltà egizia e i contatti fra essa e il mondo minoico furono numerosi e significativi a partire dal 2000 a. C. (Fantuzzi, 2007).
Nella mastaba di Ptahotep (visir e amministratore cittadino vissuto fra il XXV e il XXIV secolo a.C.) sono visibili cani impegnati nella caccia: le proporzioni rispetto alle prede permettono di capire che anche nelle dimensioni questi cani egizi erano del tutto simili all'attuale cane cretese.

mastaba di Ptahhotep. Saqqara, Egitto, scene di caccia Questa razza egizia era tanto diffusa e stabile da essere designata con un nome specifico: "Tesem". È giunto sino a noi il nome proprio di un cane di razza Tesem: Abuwtiyuw (pronuncia "Abutiu") ed è il più antico nome di animale domestico che ci sia pervenuto (Reisner 1938): la testimonianza è rappresentata dal ritrovamento, nel 1935, di un'iscrizione posta nella tomba di un importante personaggio ignoto della tarda VI dinastia (2345–2181 a. C.), nella necropoli di Giza; l'iscrizione è dettagliata:

"il cane da guardia di sua maestà. Abuwtiyuw è il suo nome. Sua Maestà ordinò che egli fosse inumato, che fosse posto in una bara (tratta) dal tesoro reale, (con) fine lino in quantità (e) incenso. Sua Maestà pose un profumato unguento e (ordinò) che la tomba fosse costruita dalle squadre dei suoi muratori. Sua Maestà (ordinò) che egli fosse onorato davanti al grande dio Anubis"

inumazione del cane tesem È interessante notare che il primo termine dell'iscrizione, in lingua originale, è proprio "tsm" ovvero Tesem: un chiaro riferimento alla razza cui esso apparteneva.

fisiologia razze canine Altre immagini confermano l'omogeneità, le diffusione e l'importanza dei cani di questa razza. Non è possibile citare questa tipologia di cani senza menzionare un singolare ma significativo quesito, meritevole di approfondimento: è noto che l'importante dio Anubis, protettore delle necropoli e signore dell'aldilà egizio, veniva rappresentato con un simulacro dall'aspetto canino.

bassorilievo della tomba di Khafraankh Di volta in volta Anubis viene identificato con un cane, un lupo o uno sciacallo dorato (per la precisione la sottospecie Canis aureus lupaster). Qual'è l'interpretazione corretta? In genere la figura dello sciacallo sembra più affine ad una divinità dai tratti notturni e relativi all'aldilà; inoltre la coda delle statue del dio sembra quella pelosa di uno sciacallo e non bisogna dimenticare che lo sciacallo dorato può incrociarsi con il cane (hanno il medesimo cariotipo 48). Un recente studio (Rueness E. K. et al. 2011), basato sia su confronti fenotipici che genetici (DNA mitocondriale) di Lupo, Sciacallo e altri rappresentanti dei generi Canis, Cuon e Lycaon, ha rivelato un particolare sorprendente: lo sciacallo egiziano non è uno sciacallo bensì un lupo (Canis lupus lupaster).

Se le sembianze del dio egizio sono parzialmente quelle del lupo, le suggestive opere d'arte ci riportano inconfondibilmente ai cani primitivi mediterranei, soprattutto nei tratti della testa e delle orecchie, e anche gli antichi greci erano convinti che Anubis fosse un cane, come ci ha tramandato Platone nel dialogo Gorgia. Quindi è plausibile che nelle immagini di Anubis si possa riconoscere un cane e che, probabilmente, Canis lupus lupaster ha ricoperto un ruolo nell'evoluzione dei cani primitivi mediterranei, o come antenato o attraverso eventuali incroci. Il Tesem era ben distinto dai levrieri: anche in questo caso l'arte egizia ci ha tramandato informazioni iconografiche dettagliate. necropoli di Beni Hasan, scene di caccia La civiltà egiziana contemplava varie razze canine ben distinte, derivanti quindi da una selezione non casuale; anche in questo caso ci sono pervenuti veri e propri "cataloghi" iconografici di estrema precisione.

riproduzione di affresco dalla necropoli di Beni Hassan Anche i levrieri, chiaramente distinti dai Tesem, ricoprivano un ruolo importante nella società egizia, sia come cani da caccia grossa che come cani da guardia, soprattutto contro i predatori. Un flabello d'oro, parte del tesoro del celebre faraone Tutankhamon (1341 - 1323 a.C.) , riporta una scena di caccia allo struzzo con l'ausilio di un cane levriere: la lunghezza della coda, la posizione e la forma delle orecchie e l'impiego in una caccia su prede veloci, non lasciano adito a dubbi circa la razza.
fisiologia razze canine Anche se gli etologi contestano l'attribuzione di caratteri che possano antropomorfizzare, è difficile non attribuire il coraggio ai levrieri: i veloci cani egizi – come ci raccontano le immagini – non esitavano ad accompagnare i padroni alla caccia al leone o ad allontanare, attraverso un efficace contrasto fisico, anche le temibili iene.

Oltre al già citato Kritikos Ichnilatis, altre razze mediterranee possono vantare un'ascendenza, più o meno diretta, dai cani egizi. Nell'areale Italico incontriamo il Cirneco dell'Etna, originario della Sicilia, e il Cane dei Faraoni, originario dell'isola di Malta.




ostracon periodo Ramesseide XIX XX dinastia 1292-1186 a.C.
frammento di petroglifo, levrieri e iene

Il Cirneco dell'Etna

Il Cirneco dell'Etna è indubbiamente una razza endemica della Sicilia. maschio di Cirneco dell'Etna, all del gelso bianco L'origine del nome è oggetto di discussione: secondo alcuni autori deriverebbe dal verbo latino cernere (= setacciare) con riferimento alla cura con cui il cane esplora il territorio in cerca della preda durante la caccia ; infatti esso manifesta le tipiche qualità venatorie del cane primitivo: segue l'usta con l'olfatto, contemporaneamente ascolta gli eventuali fruscii causati dalla presenza dei conigli – sua principale preda -, e impiega l'acuta vista per individuarli. La teoria più attendibile circa l'origine del nome è quella che fa riferimento alla provenienza geografica della razza: deriverebbe dal nome della città di Cirene e quindi dall'antica regione Cirenaica libica, da cui attraverso varie deformazioni linguistiche sarebbe derivato il nome "Cirneco"; è significativa l'osservazione di Aristotele
(...) "anche altrove nascono animali ibridi da genitori che appartengono a gruppi differenti, così a Cirene il lupo e la cagna si accoppiano dando discendenza".
femmina di Cirneco dell'Etna, all del gelso bianco La recente scoperta citata prima, ovvero che cosiddetto sciacallo egiziano è in realtà un lupo (Canis lupus lupaster), conferma l'annotazione del filosofo/scienziato greco: il Nord Africa può essere stato la culla delle razze canine primitive mediterranee con l'ulteriore apporto di geni dalla sottospecie egiziana del lupo. L'ipotesi dell'origine Nordafricana del Cirneco è supportata senza dubbio dalla somiglianza con gli antichi cani egizi, tuttavia non ci sono informazioni certe e attendibili riguardo all'esatto momento storico e al modo in cui il Cirneco giunse in Sicilia.
È opinione diffusa che i Fenici abbiano diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo gli antenati del Cirneco e degli attuali Levrieri a partire dall'Egitto e dal Medio Oriente. È nota l'abilità dei Fenici in qualità di mercanti/navigatori: ad esempio, Erodoto (484 a.C. – 425 a.C ) narra del periplo dell'Africa compiuto da una flotta fenicia nel 550 a. C. mappa di diffusione dei cani primitivi mediterranei e dei levrieri È plausibile anche che i Fenici, in previsione della fondazione di colonie o durante le soste stagionali nel corso della navigazione, avessero trovato nel rapido cane di origine egizia un alleato per contrastare le incursioni dei conigli all'interno delle coltivazioni (Perricone, 1989), secondo questa teoria il Cirneco - o i suoi diretti antenati insieme ad alcune razze levriere - non sarebbero stati oggetti di mercato bensì preziosi amici dei coloni. Ma prima dei Fenici, un altro popolo solcò con grande abilità e frequenza il Mediterraneo, sino a creare una importante rete commerciale e politica: i Cretesi.

Palazzo di Tirinto, caccia al cinghiale. Creta può essere considerata il principale centro d'origine della civiltà mediterranea: un’isola grande quanto la Corsica, al centro del Mediterraneo orientale ed equidistante da tutte le altre coste, comprese quelle della Sicilia. Mappa della magna grecia I Cretesi furono i primi a costruire solide navi dotate di chiglia, due timoni e parapetti laterali, facendo proprie le invenzioni egiziane per la navigazione sul Nilo tracciarono, grazie ad esse, rotte in tutto il Mediterraneo, tra il 2000 e il 1400 a. C. Dagli stretti rapporti fra le civiltà Egizia e Minoica – come anticipato nel paragrafo precedente – e dalla potenza della marina cretese, si può supporre che i Cretesi, nel corso delle fasi più arcaiche, abbiano ricoperto un ruolo principale nella diffusione dei Cani primitivi e dei levrieri nel bacino del Mediterraneo.

moneta di Segesta Riferendoci ad epoche posteriori, dal VII secolo a. C. la Sicilia fece parte del territorio denominato Magna Grecia (Μεγάλη Ἑλλάς ), costituito da un insieme di città/colonie greche e comprendente gran parte dell'estremità meridionale della penisola italica; le testimonianze certe della presenza del Cirneco in Sicilia derivano soprattutto dalle immagini riportate sulle monete greche rinvenute sull'isola e risalenti al VI – III secolo a. C.


moneta della repubblica di Siracusa
didracma da segesta

Oltre alle numerose testimonianze iconografiche, anche la letteratura tramanda la descrizione di questa razza profondamente inserita nel contesto storico/culturale della Sicilia greca: lo scrittore Claudio Eliano (165 – 235 d. C.) nell'opera "ΠΕΡΙ ΖΏΩΝ ΙΔΙΟΤΗΤΟΣ", tradotta in latino come "De Natura Animalium", riporta due vivaci descrizioni relative ai cani sacri dell'isola, riferendosi all'opera di un altro autore, Ninfodoro, vissuto nel V secolo a. C. È significativo che le monete ritrovate siano coeve alla descrizione scritta dei cani sacri e che siano state rinvenute soprattutto nell'area compresa fra Catania e il sito dove sorgevano presumibilmente Aitna e Adrano, città dei templi custoditi dai medesimi cani; probabilmente la città di Adrano fu costruita sulle rovine o nei pressi della più antica Aitna.
Liber XI, caput 3: In Aetna Siciliae sacra est Vulcani aedes, et circa eam muri et arbores sacrae; ibidem ignis perpetuus et inextinctus adservatur. Sunt et canes in templo lucoque sacri, qui modeste ac decenter in templum et lucum accedentes blande et adulantes excipiunt, et, tanquam familiaribus, illis se benignos ostendunt; at si quis sceleratus aut manibus impurus adeat, illum et mordent et laniant; illos vero, qui libidine aliqua turpi se contaminarint, fugant solum et persequuntur.
"Nella città di Aitna (Etna), in Sicilia, è oggetto di culto particolare un tempio dedicato ad Efesto, qui si trovano un recinto, alberi sacri e un fuoco inestinguibile, mai spento. Intorno al tempio e al bosco ci son segugi sacri che accolgono festosamente e scodinzolando coloro che accedono al tempio e al bosco sacro con animo umile e aspetto rispettabile, e, come se conoscessero costoro, essi si mostrano benigni nei loro confronti; se invece entra qualcuno empio e con le mani macchiate da azioni esecrabili, essi lo mordono e lo dilaniano; si limitano invece a scacciare solamente e inseguire coloro che si siano contaminati con atti di libidine".
Liber XI caput 20: In Sicilia Adranus est civitas, ut ait Nymphodorus, et in ea Adrani daemonis vernaculi templum, quod omnino insigne ac splendidum esse ait. Sed quae de hoc deo refert cetera, quamque sit clarus, et in supplices prompte facilis ac propitius, alias dicam; nunc aliud explciabo. Canes ei sacri sunt, qui et ipsi colunt eum atque inserviunt, Molossis canibus tum forma tum magnitudine superiores, numero non pauciores quam mille. Hi interdiu blande et adulantes tum peregrinos, tum indigenas, qui templum lucumque ingrediuntur, excipiunt. Nocte vero iam ebrios et titubantes, tamquam viae duces et comites, egregie deducunt, ad suam usque domum quemque antecedentes. Ceu contumeliosos, ut par est, puniunt: insiliunt enim, et vestes eorum lacerant, et eatenus castigant; eos vero, qui furari praedarive moliuntur, crudelissime dilaniant.

"In Sicilia, come racconta Ninfodoro, c'è una città di nome Adrano, e in essa si trova un tempio, dedicato alla divinità indigena Adrano, che si dice essere assolutamente splendido e fastoso. Ma riguardo alle altre notizie che egli ci riferisce, di quanto il dio si manifesti e sia benevolo e ben disposto verso chi lo prega, ne diremo in un altro momento. Ora voglio descrivere altro. Ci sono cani sacri che rispettano e servono il dio, essi sono superiori ai cani molossi sia per la bellezza che per l'altezza, di numero non inferiore a mille. Essi durante il giorno accolgono festosamente e scodinzolando sia i pellegrini che gli indigeni che accedono al tempio e al bosco sacro; di notte invece essi accompagnano con grande benevolenza come guide e di scorte, quelli già ubriachi e coloro che non si reggono in piedi lungo il cammino, riconducendoli ciascuno alla propria casa. Invece puniscono, come è giusto, gli ubriachi empi: li assalgono, strappano loro le vesti, in tal modo li fanno rinsavire; mentre sbranano crudelmente coloro che provano a rubare gli abiti altrui".

Moneta da Adrano

Il Cirneco è un cane da caccia energico ma molto gentile e affettuoso in famiglia; è singolare che le descrizioni di Ninfodoro – a parte l'aspetto simbolico-religioso - tramandino l'immagine di cani mordaci; esistono testimonianze artistiche dalle quali possiamo dedurre che gli antenati del Cirneco fossero, all'occorrenza, cani combattivi, come si può osservare sul celebre vaso di Cuma (sito archeologico nei pressi di Napoli, regione Campania) Diana e Atteone, Vaso Attico Pittore di Pan 470-460 a.C. Boston, Museum of Fine Arts, proveniente da Cuma) quindi anche temibili guardiani di templi.

 Diana e Atteone, vaso Attico del Pittore di Pan
La presenza del Cirneco - o di cani strettamente affini - è testimoniata in tutta la Magna Grecia, non solo in Sicilia: oltre al dipinto del vaso di Cuma, il Cirneco è stato immortalato anche nelle forme dei Rhyton (ῥυτόν, pronuncia "rhütòn"; plurale ῥυτά, pronuncia "rhütà": tipico boccale greco, spesso zoomorfo, destinato a libagioni cerimoniali) rinvenuti anche in altre regioni dell'Italia del sud.
Rython dall'officina del Pittore della Patera
La storia moderna del Cirneco dell'Etna inizia nel 1939, anno in cui la razza viene riconosciuta dall'ENCI. Prima la razza era rarefatta, quasi a rischio di estinzione; Agata Paternò Castello, nobildonna siciliana dei duchi di Caraci, studiosa e allevatrice che stabilì l'appellativo "dell'Etna", e l'interesse dello zoologo Giuseppe Solaro, autore del primo standard, permisero alla razza di sopravvivere e prosperare. Rython del periodo Tardo Apulo L'appellativo "dell'Etna" è riferito alla capacità, del tutto peculiare della razza, di spostarsi velocemente e con estrema agilità sulle pietraie laviche tipiche delle pendici del vulcano omonimo e delle aree circostanti, resistendo al clima torrido, all'asprezza del terreno e alle insidie della vegetazione xerofila fitta e spinosa.
La differenza basilare fra i levrieri propriamente detti e i cani primitivi è evidente osservando il metodo di caccia e il movimento di un Cirneco: esso è in grado di cacciare e catturare un coniglio selvatico al pari di un levriero, tuttavia impiega tutti i sensi – non solo la vista – ed esprime la propria velocità soprattutto nel balzo e nella corsa su terreni scoscesi o accidentati. Il Cirneco esprime la tipica versatilità dei cani primitivi poiché è in grado anche di ricoprire il ruolo del tipico segugio da usta come qualsiasi razza specializzata in tal senso. L'aspetto fisico è essenziale, forte, scattante ma nettamente diverso dal profilo tipico dei levrieri ovvero con ventre retratto e torace disceso.
L'espressione e la struttura della testa sono tipiche del cane primitivo mediterraneo: muso allungato e rettilineo, labbra sottili, occhi color ambra dall'espressione dolce ma attenta, orecchie grandi e rigorosamente erette. Il mantello è raso, aderente alla cute, vitreo, il colore è sempre fulvo più o meno intenso o sfumato con colori affini (e. g. sabbia o biondo).
La taglia è medio-piccola, altezza al garrese 46 – 50 cm il maschio; 42 – 46 cm la femmina; peso: 10 – 12 Kg il maschio, 8 – 10 Kg la femmina.
Nel complesso la razza è geneticamente molto forte, longeva e sana; il temperamento è tipico delle razze primitive: guardingo e diffidente con gli estranei, profondamente affezionato al padrone/conduttore e alla famiglia. Le doti del Cirneco sono sempre state considerate estremamente preziose in Sicilia al punto che, in passato, i soggetti migliori venivano tenuti nascosti onde evitare furti o incroci indesiderati (fonte: Società Amatori del Cirneco dell'Etna http://www.societaamatoricirneco.it/)
Il Cirneco, riconosciuto ufficialmente dalla FCI, è diffuso anche al di fuori del territorio di origine: curiosamente, pur provenendo da un habitat mediterraneo, è allevato anche in nazioni dal clima generalmente freddo, come la Russia o i Paesi Scandinavi, dimostrando un'ottima capacità di adattamento. L'unico pericolo è rappresentato da eventuali allevatori, al di fuori del territorio italiano, che privilegino caratteri morfologici "simil-garaioidi", assolutamente non in linea con la storia e le caratteristiche morfologiche e le attitudini del Cirneco, tipica razza primitiva lontana dal modello graioide.
È interessante notare che il numero di Cirnechi presenti in Sicilia è superiore a quello degli esemplari registrati a livello ufficiale e curati in prevalenza per fini espositivi; il motivo è legato all'aspetto ancora prettamente lavorativo della razza che determina l'esistenza di una popolazione originale, rustica, perfettamente in linea con lo standard FCI ma destinata a svolgere le medesime le mansioni che ha sempre svolto da millenni nel contesto rurale siciliano (fonte: Nerina Aiello, da colloquio personale).

Il Cane dei Faraoni (Pharaoh Hound – Kelb tal-Fenek)

fisiologia razze canine

L'isola di Malta non appartiene politicamente all'Italia, tuttavia da un punto di vista biogeografico, può essere considerata parte dell'areale italico. La razza canina tipica dell'isola è il Cane dei Faraoni dal nome anglo sassone Pharaon Hound (lett. "Segugio dei Faraoni") noto in patria come "Kelb tal-Fenek" (Kelb = "cane"; tal-Fenek = "da conigli"). Il nome indigeno è descrittivo dell'impiego: cacciatore di conigli, analogamente al Cirneco dell'Etna e ad altre razze primitive mediterranee.
Il nome anglosassone, "Pharon hound", anche se evocativo e suggestivo non sembra avere riscontro storico: non esistono prove della presenza della razza sull'isola di Malta prima del 1647, data in cui fu pubblicata l'opera "Della Descrittione di Malta isola nel Mare Siciliano con le sue antichita ed altre notitie" di Francesco Giovanni Abela. Charnigue, estinta razza primitiva francese In quest'opera i cani vengono denominati "Cernechi molto stimati per la caccia ai conigli" ed è descritta l'esportazione di questi cani in Francia; il primo dettaglio sembra indicare che il Pharaoh Hound sia un discendente recente del Cirneco dell'Etna; il secondo dettaglio rivela la presenza di cani primitivi anche Francia, per la precisione in Linguadoca, Provenza e in Rossiglione.
incisione di P. Mahler, cani charnigue In realtà in territorio francese questi cani sono completamente estinti, forse surclassati da segugi per la caccia con il fucile, e in proposito è sintomatico che in Francia anche i levrieri non abbiano avuto grande diffusione. L'unica traccia che resta di questi cani primitivi francesi sono alcune incisioni risalenti al XIX secolo in cui è specificato il nome "Charnigue", evidente deformazione di "Cirneco".


Cirneco e pharaon hound La genetica ha infine fornito la prova definitiva circa l'origine recente della razza (Parker et al. 2004): nonostante l'aspetto, secondo gli autori, il Pharaon Hound sarebbe frutto di una serie di incroci relativamente recenti, volti a ricostituire una razza dall'aspetto arcaico. Questo risultato tuttavia non esclude che la razza possa avere un'origine antica: è difficile che, ricorrendo esclusivamente ad incroci fra razze recenti, si possa ottenere una razza dalle caratteristiche primitive così spiccate; è plausibile che il ceppo originario possa essere più antico rappresentato ad esempio da Cirnechi dalla Sicilia esportati a Malta o da una popolazione di cani primitivi indigeni.
Il Pharaoh Hound in apparenza è molto simile al Cirneco, a parte la taglia leggermente superiore ( maschio 56 – 63 cm; femmina 53 – 61 cm), ma un attento esame evidenzia alcune differenze, in particolare nell'espressione generale della testa.



Xarnego Valenciano

Nel vasto gruppo delle razze primitive della penisola iberica, genericamente denominati Podencos e con rilevanti differenze da ragione a regione, lo Xarnego viene indicato quale il più antico, il presumibile "padre" delle razze primitive iberiche.

Xarnego Valenciano
Il nome Xarnego è affine a Cirneco o Charnigue, quindi un'ulteriore variazione del latino Cyrenaicus, ed indica una continuità storico-geografica fra queste razze. Tuttavia esistono alcune interessanti - anche se meno credibili - teorie alternative circa l'etimologia del nome; ad esempio alcuni dizionari indicano il temine lucharniego derivante da nochrniego: termini che designavano i cani addestrati alla caccia notturna. Un'altra interessante interpretazione prende in considerazione il termine catalano "charnègo" ovvero "straniero", riferito in particolare nel corso del XVI secolo agli immigrati francesi. Anche lo Xarnego è un cacciatore specializzato di conigli; la sua tecnica di caccia è sempre basata sull'impiego di tutti i suoi acutissimi sensi e sulla straordinaria agilità; fisiologicamente lo Xarnego perfettamente adattato all'ambiente caldo e secco del Sud della Spagna: lo standard recita testualmente: Tiene una resistencia legendaria para soportar el calor extremo y es capaz de cazar en ambiente seco.

È tipica anche la versatilità che gli permette, in alcuni casi, di affrontare prede di grandi dimensioni come i cinghiali. La struttura generale dello Xarnego ripete quella generale dei cani primitivi mediterranei: agile, scattante, essenziale ma anche forte e muscoloso; testa conica, con padiglioni auricolari grandi e rigorosamente eretti; la taglia è medio grande ( maschio: 55 – 61 cm, 20 Kg; femmina: 50 – 57 cm, 18 Kg). Il colore, a differenza del Cirneco e del Cane dei Faraoni, presenta una maggiore variabilità: ampie pezzature color cannella, fulvo, nero o castano, sempre accompagnate da ampie aree bianche; il mantello può essere liscio, duro o semilungo.


Piccolo Levriero Italiano

Fra le razze appartenenti al gruppo dei levrieri, il Piccolo Levriero Italiano rappresenta l'unica razza italiana riconosciuta ufficialmente al momento.
piccolo levriero italiano Il termine "levriero" deriva dal latino volgare medievale "leporarius", derivando dal latino classico "lepus" ( = hare, in italiano = "lepre"), quindi "cane da lepre": nel nome è racchiusa la sua funzione sin dall'antichità. È importante sottolineare che il nome anglosassone corretto "Miniature Italian Greyhound", talvolta accorciato in "Italian Greyhound", è riferito esclusivamente a questa razza di levriero tipico: purtroppo accade che alcuni autori, soprattutto in siti Web, attribuiscano il nome "Italian Greyhound" al Cirneco dell'Etna, commettendo un grave errore. Come ho scritto in precedenza, sussistono differenze basilari fra il levriero propriamente detto (e. g. Piccolo Levriero Italiano) e i cani primitivo mediterranei.
L'origine remota di questa razza è difficile a stabilirsi; molti testi fanno riferimento, in modo generico, a mummie di levrieri di piccola taglia rinvenuti in tombe egizie e si ipotizza che – analogamente a quanto avvenuto per le razze primitive – i Fenici avrebbero provveduto a favorire la distribuzione di questi piccoli levrieri soprattutto in Grecia. Dall'Ellade, in seguito all'espansione dell'impero romano e agli scambi commerciali, i levrieri di piccola taglia - presumibili antenati dell'attuale Italiano – avrebbero raggiunto la penisola italiana, diventando i favoriti della nobiltà latina.
Al momento non ci sono prove genetiche che dimostrino definitivamente questa serie di passaggi e non possiamo essere certi che il Piccolo Levriero Italiano abbia come unici diretti antenati i levrieri egizi. Tuttavia è possibile delineare un quadro storico in attesa di future conferme derivanti da analisi genetiche. È tradizione indicare la Grecia come culla della stirpe dei levrieri, il nome stesso Greyhound deriverebbe dalla contrazione dei due termini "Greek" e "Hound"; inoltre è accertata la presenza, sino al XIX secolo, di una razza autoctona di levriero greco (Walsh 1859).

Grecian Greyhound

In realtà le analisi più recenti (Lynch & Madeoy 2004) hanno messo in luce l'antica origine medio-orientale (mezzaluna fertile) dei levrieri.
È quindi più corretto indicare la Grecia come importante area di diffusione dei levrieri, anziché come area di origine. Prima del IV secolo a. C. le tipiche razze canine greche, secondo le opere artistiche e letterarie, erano affini al già citato Kritikos Ichnilatis: Senofonte ( 430/425 a.C. circa – 355 a.C.) e Aristotele (384 – 322 a. C.), pur descrivendo diffusamente alcune razze da caccia, non descrivono mai cani riconoscibili come levrieri veri e propri, bensì cani da caccia addestrati ad inseguire le prede sino a spingerle entro le reti dei cacciatori. Le arti ci tramandano l'esistenza in Grecia di cani di aspetto vagamente levrieroide – o molosso-levrieroide - nel V sec. a. C.;

è plausibile che i levrieri siano entrati in Grecia dall'oriente nel periodo compreso fra il IV e il V secolo a. C., senza però sostituire completamente le originarie razze primitive.
 Rython greco,  tardo V secolo a. C. Lucius Flavius Arrianus (autore greco latinizzato) è l'autore della prima descrizione particolareggiata di cani riconoscibili come veri levrieri e della loro tecnica di caccia sulla lepre. L'aspetto più interessante è rappresentato dal fatto che Arriano descrive i cani da caccia dei Celti, dimostrando che il suo predecessore Senofonte non poteva conoscere cani veloci come quelli celtici:

Ora, che egli (Senofonte) non conobbe razza di cani che in velocità assomigliasse a quella celtica, eccone il segno: "le lepri – egli dice – non son prese (dal cane) per naturale velocità ma per caso" (...) perché se è in buone condizioni fisiche, di spirito generoso, questo tipo di segugio non manca di catturare la lepre. (Cap II)
I Galli cacciano (la lepre) senza usare le reti (...) "I cani celtici più rapidi si chiamano vertragi nella lingua dei Celti: non hanno un nome che deriva dal luogo come i carii, i cretesi, i laconici; ma, come fra i cretesi alcuni vengono detti faticanti, dall'amare la fatica; altri rapidi dalla velocità, così questi vertragi sono denominati dalla velocità. La forma di alcuni dei più gentili è assai bella; così gli occhi, il corpo, il pelo e altrettanto il colore: negli screziati le sfumature di colore sono graziose, e in quelli di un unico colore questo è così brillante da essere un piacevole vista per il cacciatore." (Cap. III) moneta romana: Denarius di Caio Postumio
Le parole di Arriano e le tradizioni dell'area celtica (Britannia, Irlanda, Gallia) relative a cani dalla velocità leggendaria, ci permettono di dedurre che la tipologia del levriero era già diffusa in queste zone prima della dominazione romana.
Presumibilmente i Celti, nel corso della loro diffusione in Europa dall'Asia minore verso Ovest a partire dal I millennio a. C., portarono anche i levrieri, e li introdussero progressivamente in Europa Nord-occidentale. Levrieri che giocano, statua Il nome vertragus, da cui è derivato il latino veltrus, è prettamente di radice celto-gallica come riconoscono altri autori latini: derivando dal termine "traig" = piede e dalla particella intensiva "ver", quindi "piede veloce". È probabile che i Romani abbiano conosciuto i levrieri soprattutto dai Celti: le riproduzioni artistiche più chiare e "moderne" riferite ai levrieri appartengono al periodo di massima attività, sia commerciale che militare, dello stato romano: indicativamente fra il 200 a. C. e il 200 d. C. circa.



L'origine del Piccolo Levriero Italiano, si potrebbe definire celto-mediterranea, deducendo che la razza, pur con radici celtiche, si sia formata ed evoluta definitivamente, nelle proprie caratteristiche morfo-attitudinali nel territorio italico I Levrieri e i Cani Primitivi mediterranei condividono una condizione peculiare: dai tempi dei Faraoni sin ai tempi odierni, essi godono dello status di cani "nobili", o "dell'aristocrazia", per antonomasia. I motivi possono essere molteplici, a partire dall'aspetto indiscutibilmente elegante e statuario o dal carattere diffidente e definito – di conseguenza ma impropriamente – "altezzoso". blasone con levriero È credibile supporre che la "nobiltà" di queste razze sia una conseguenza, sin dai tempi più remoti, del loro enorme valore come "armi da caccia", quindi fonte di sostentamento della famiglia umana e quindi, indirettamente, della società; in questi termini si comprende come presso molte culture - dai Greci agli Arabi ad esempio - i Levrieri siano indicati come "dono divino".
Anche il Piccolo Levriero Italiano ha goduto ampiamente dei favori dell'aristocrazia ed è stato immortalato più volte nelle armi nobiliari, consentendoci di osservare quanto la razza fosse ben fissata in Italia sin dal Medioevo.

Alcuni considerano il Piccolo Levriero Italiano un fragile cane da compagnia e, purtroppo, in passato qualche allevatore ha privilegiato linee di sangue portatrici di un fenotipo minuto e gracile, snaturando in tal modo la razza. Anche se è il più piccolo della "famiglia dei levrieri", ha sempre svolto un ruolo di attivo cacciatore e ancora oggi è in grado di distinguersi in qualità di robusto atleta, mostrando tutte le peculiarità fisiologiche tipiche dei levrieri.

In generale si possono distinguere storicamente tre "periodi d'oro" dei levrieri in Italia: il già citato periodo romano; il rinascimento (XIV – XVI secolo); il periodo compreso fra la fine del XIX secolo e la seconda metà del XX. levrieri che corrono Il periodo denominato Rinascimento, iniziato proprio in Italia, fu caratterizzato dallo straordinario fiorire delle arti; le linee eleganti dei levrieri hanno sempre rappresentato un modello per pittori e scultori e fu naturale conseguenza che questi cani divenissero veri e propri protagonisti delle arti figurative; l'arte rinascimentale testimonia l'esistenza e la diffusione, sia in Italia che in Europa, del Levriero Italiano perfettamente definito come razza in quel periodo. Nel castello Morenberg, situato nell'alta Val di Non – regione Trentino, estremo Nord Italia – risalente al XVI secolo, è visibile un affresco che ritrae Piccoli Levrieri Italiani, identici nelle proporzioni agli esemplari attuali, impegnati in una battuta di caccia.


Affresco del Castello Morenberg
quadro del pittore olandese Hieronymus Bosch raffigurante un piccolo levriero italiano
quadro del pittore tedesco Memling

Nei secoli XVI - XVII è accertata l'esistenza in Italia di due razze distinte di Levrieri: il nobile erudito Francesco Birago (Milano 1562 – 1640) nel "Trattato Cinegetico ouero Della Caccia" fornisce un'accurata descrizione del "Levriero Turco" e del "Levriero Nostrano, cioè Italiano". L'autore specifica che non è chiaro il motivo dell'appellativo "Turco": probabilmente era un sinonimo per indicare genericamente "orientale"; la descrizione infatti ricorda il Saluki: taglia grande, lunghi peli sulla coda e sulle orecchie, queste ultime pendenti, molto veloce nella corsa, di carattere riservato. È probabile che il levriero scolpito da Benvenuto Cellini (3 novembre 1500 – 13 febbraio 1571) fosse proprio il "Levriero Turco" descritto da Francesco Birago

Levriero (1545)  di Benvenuto Cellini
La descrizione del "Levriero Nostrano cioè Italiano" corrisponde esattamente al moderno Piccolo Levriero Italiano, con l'unica differenza della taglia leggermente superiore:
"(...) Il Levriero deue essere alto onze quatordeci fino in quindeci, lungo dalla ponta del petto fino al principio della coda l'istesso; ma la cagna più dell'altezza, un'onza deue esser lunga."

descrizione del piccolo levriero italiano di Birago L'"onza" in Italia settentrionale corrispondeva a circa 1/12 di piede italiano (circa 40 cm), quindi si desume che il Levriero Italiano del XVI secolo aveva un'altezza compresa fra i 46 e i 50 cm circa, l'altezza del moderno Levriero Italiano è 32 cm - 38 cm al garrese. Dopo il Rinascimento, il Piccolo Levriero Italiano divenne il favorito di alcune case reali, soprattutto durante il XVIII secolo; il suo nome all'epoca veniva riportato nella versione francese "Levrette". La "Levrette" era una delle razze predilette nelle corti reali europee; in particolare due celebri monarchi legarono il proprio nome a questa razza: Caterina Alekseevna II di Russia (21 aprile 1729 - 6 novembre 1796) Federico II Hohenzollern (24 gennaio 1712 – 17 agosto 1786).

Caterina di russia e il suo levriero

Soprattutto Federico II di Prussia fu estimatore dei Levrieri Italiani: tenne accanto a sé per tutta la vita alcuni esemplari che, narrano le cronache, lo accompagnavano anche sul campo di battaglia.

Frederick Hohenzollern II e il suo levriero
Federico Hohenzollern e il suo levriero
Alphonse de Lamartine (1790 –  1869) ritratto con i propri Levrieri Italiani

Purtroppo, nel corso di quest'ultimo periodo, il Piccolo Levriero identificato come cane da compagnia, subì una selezione finalizzata ad accentuare i caratteri fisici espressivi di grazia e leggerezza, allontanando la razza dalla tipologia del piccolo ma atletico cane da caccia in velocità. Ancor oggi può accadere che il nome del Piccolo Levriero Italiano venga associato al concetto di "razza toy": un gravissimo errore che non rende giustizia a questa antica e sportiva razza. La seconda guerra mondiale fu esiziale per la razza – come per altre razze peraltro – e solo a partire dagli anni '50 cominciò il vero rinascimento del Piccolo Levriero con la fondazione del Circolo Italiano del Piccolo Levriero (21 novembre 1956). Oggi in Italia operano ottimi allevatori e la razza gode di buona salute, ma, stranamente, è poco diffuso in patria: in Italia risultano essere più numerosi gli esemplari dell'inglese Whippet.
Il Wippet è la razza più recente nella famiglia dei levrieri: nata introno al XIX secolo e selezionata dagli operai e dai minatori nell'Inghilterra del Nord attraverso incroci fra Piccolo Levriero Italiano, Terriers e Greyhounds; la grande diffusione del Whippet causa, al di fuori dei confini italiani e talvolta anche in Italia, un equivoco: le due razze vengono identificate come un'unica razza e i due nomi, Whippet/Levriero Italiano, vengono scambiati. Un particolare che distingue le due razze - oltre alla taglia, superiore dell'inglese - è il colore del mantello, che nel Levriero Italiano è sempre uniforme e mai tigrato: un carattere distintivo dell'antica originalità della razza.




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